Mai come in questo periodo il tradizionale augurio di “Buon Anno” perde tutta la sua retorica, non è più la frase fatta che siamo da sempre abituati a scambiarci.
Di un “Buon Anno” che sia veramente tale, che ci faccia voltare pagina rispetto al drammatico 2020, abbiamo bisogno tutti. Ho scritto volutamente “voltare pagina”e non “dimenticare” perché in primis non possiamo dimenticare le decine di migliaia di persone che non ci sono più, che non sono sopravvissute a questa pandemia, e neppure tutti i limiti e le storture che la stessa ci ha mostrato.
Si è usato spesso la metafora della guerra, come se fossimo stati al cospetto di un bombardamento nemico, ma le bombe, quelle vere, le abbiamo costruite noi stessi nel tempo, si chiamano: collasso climatico, crollo demografico, produzione di profitto basata sullo sfruttamento del lavoro e sulla negazione di diritti fondamentali, taglio dei servizi essenziali e del welfare, promozione della crescita delle diseguaglianze, oggettivazione delle persone, come fossero cose, merce.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che, dopo una prima fase di apparente unità di intenti, di solidarietà e orgoglio nazionale, a fronte di un ripresentarsi del virus in forme violente (anche questo a causa di nostre sottovalutazioni ed errori estivi) non si è riusciti a far comprendere la priorità che deve avere la salute pubblica.
Ci sarebbe stato bisogno di una politica con uno sguardo lungo, non rivolta ad un immediato consenso, che avesse evitato l’alternarsi di catastrofismi e negazionismi. Di un dibattito non concentrato sulla possibilità o meno di poter sciare o far cenoni (poco morale, se è consentito usare ancora questo termine, a fronte di centinaia di morti al giorno), ma che avesse messo in evidenza come invece certe misure sono indispensabili per salvare vite.
Per questo non possiamo dimenticare quello che il 2020 ci ha costretto a vivere, dobbiamo anzi interrogarci su come abbiamo contribuito ad aumentare gli effetti negativi della pandemia sulla salute, sull’economia, sul lavoro. Su come si siano accentuati cinismo e bassa moralità alimentati da un pensiero politico miope e volgare.
Lo sguardo di tutti noi è rivolto in questi giorni al più importante regalo che si possa desiderare: guarire dal covid 19 con la distribuzione di un vaccino che sia in grado di farci uscire da questo incubo.
Ci spiegano però che ci vorranno mesi e dovremmo ancora convivere con le misure restrittive. La scienza può intervenire sul virus, ma alle distorsioni di cui sopra spetta a noi, alla politica rimediare. Ci sono ingenti risorse economiche che arriveranno nei prossimi mesi sulle quali si misurerà la capacità della politica, del Governo, a seconda di come queste verranno utilizzate, di come incideranno sulla fisionomia del Paese e porranno rimedio a tutto ciò che a marzo dicevamo aver capito fosse sbagliato.
Le prime avvisaglie non sono confortanti: una discussione rispetto alle scelte ed alle strategie sarebbe del tutto legittima ma, quando i contenuti diventano i rimpasti governativi, le minacce di crisi, l’incredibile egocentrismo di qualche “leader”, l’auspicio di qualche salvifico Governo di unità nazionale, allora significa che la lezione non è servita.
La CGIL, assieme a CISL e Uil, ha messo sul tavolo proposte ben precise che riguardano riforme e investimenti affinché questo Paese cambi davvero. Tra le cose che non vogliamo dimenticare c’è il fatto che è stato IL LAVORO a tenere in piedi questo Paese nei mesi più drammatici, lavoro che non si è mai fermato. Si sono fatti accordi per far lavorare in sicurezza le persone e per evitare che il crollo economico portasse anche al crollo occupazionale. Accordi unici nel panorama europeo.
Rivendichiamo il diritto di essere ascoltati sulle nostre proposte, non assisteremo inermi a teatrini politici che rischiano di far perdere questa grande occasione. L’Italia deve cambiare passo, ripartendo dal valore e dal rispetto del lavoro, in qualunque forma e professionalità venga svolto.
Un vero Buon Anno si potrà riconoscere anche da come questa partita sarà affrontata. In caso contrario avremmo pianto le solite lacrime di coccodrillo, e da questa fase ne usciremo peggio di come ci siamo entrati. Possiamo assicurare che lotteremo ancora per vedere un mondo diverso, migliore, che rispetti i più deboli e i più soli, che superi le diseguaglianze nella vita e nel lavoro.
Intanto, in attesa di vedere veri cambiamenti di direzione, di accorgerci che questi obiettivi diventino patrimonio comune, la Camera del Lavoro di Reggio Emilia augura un non retorico Buon Anno a tutti voi. Sapendo che affinché sia tale, un po’ dipenderà anche da noi.
Ivano Bosco, Segretario Generale Camera del Lavoro di Reggio Emilia