Verità per Giulio Regeni

25 APRILE 2021: MEGLIO RESISTENTI CHE RESILIENTI

E’ il secondo anniversario della Liberazione della “era covid”.

Il secondo anniversario senza bandiere, gonfaloni e commemorazioni di piazza. Abbiamo passato questo anno orribile rinchiusi nelle nostre case alla ricerca di nuovi eroi che di volta in volta si frapponessero fra noi e la paura di non farcela contro un nemico invisibile e pericoloso. Questa retorica dell’eroismo (spesso ad uso e consumo dei social) rivolta a fasi alterne a rider, medici, infermieri, commessi di supermercato è risultata alla lunga stucchevole, soprattutto perché questi nuovi eroi sono spesso lavoratori mal retribuiti, scarsamente tutelati, che continuano a fare il loro dovere rischiando in prima persona.

Il progressivo svuotamento del concetto di eroismo, ha allentato anche il vincolo di gratitudine che dovrebbe unirci a chi, ieri come oggi, ha anteposto e antepone l’interesse della comunità al proprio. Presto a Reggio Emilia non ci saranno più testimoni e protagonisti del 25 aprile 1945. Presto Reggio Emilia perderà i suoi eroi “senza se e senza ma”, quelle donne e quegli uomini che, dalla parte giusta della storia, ci regalarono la libertà di cui oggi lamentiamo la contrazione. Con loro rischiano di andarsene anche i tratti somatici della nostra identità collettiva.

Il legame con quel passato non può essere sacrificato sull’altare della emergenza sanitaria; non possiamo cioè assuefarci, fra tutte le mancanze che stiamo subendo, anche alla progressiva sparizione della nostra biografia collettiva. La difesa della memoria non è solo un dovere morale; è soprattutto un investimento per il futuro.

In questi ultimi anni Reggio Emilia si è scoperta fragile. La pandemia ha paradossalmente aggravato da un lato alcune ferite del nostro tessuto sociale, a partire dalle povertà vecchie e nuove, dall’altro anestetizzato problemi che rischiano di conflagrare pesantemente una volta che questa bolla si dissolverà. Il processo Aemilia, le inchieste Grimilde e Perseverance, sono lì a ricordarci che la nostra provincia si è rivelata sorprendentemente porosa a fenomeni di illegalità che non possono essere derubricati al “caso Brescello”.

La politica è chiamata adesso più che mai a farsi carico della responsabilità di non facilitare alcuna operazione di rimozione, e soccorrere la società civile laddove la stessa incorra in questo rischio. Anche i cosiddetti “corpi intermedi”, le organizzazioni di massa a partire dalla Cgil, non possono sottrarsi a questo compito. Il neofascismo, in tutti i suoi rivoli e le sue derivazioni non può essere considerato un fenomeno sufficientemente lontano da queste latitudini: razzismo, sessismo, omofobia, tendono a radicarsi anche sul nostro territorio, a fare adepti soprattutto nelle frange della popolazione che stanno sperimentando una nuova, imprevista marginalità. Si tratta di episodi certo, ma gli episodi si sommano, stratificano e finiscono per inquinare i pozzi del nostro patto sociale; sono spie di allarme che si accendono e che non possono essere sottovalutate.

Dobbiamo vigilare soprattutto ora che, in coincidenza con la fine del blocco dei licenziamenti, saremo chiamati a fare i conti con la faccia più cattiva della crisi, a cui, ognuno per la sua parte, dovrà essere capace di contrapporre soluzioni vere e non slogan. Laddove si presenti la tentazione di affermare che il mio diritto di esistere, o semplicemente, il mio diritto di avere diritti si deve concretizzare a danno del tuo, o di chi diritti non ne ha; ogniqualvolta si assiste al desolante spettacolo di qualcuno che non trova miglior risposta al proprio disagio che quella di prendersela con chi sta peggio di lui, noi dobbiamo opporci. La nostra reazione a questa deriva di individualismo che è soprattutto rabbiosa solitudine, non può che essere collettiva e deve porsi in linea di ideale continuità con quel passato che ha saputo sconfiggere una brutale dittatura e far germogliare, dalle ceneri della guerra, il seme della rinascita e della democrazia. Si fa un gran uso ( abuso?) del termine resilienza, per raccontare come dovremmo porci rispetto alla fase inedita e tormentata della storia che ci è toccato in sorte vivere.

Il sopportare gli urti senza spezzarsi è sicuramente una non trascurabile virtù che appartiene però più alla materia inanimata che all’uomo. Contrastare i medesimi urti con la forza di una reazione decisa e ponderata rappresenta forse più impervia ma di certo più umanizzata che il semplice, passivo, rassegnato esercizio di un non meglio definito spirito di adattamento.

Meglio essere resistenti, oggi come ieri, che resilienti. Buon 25 Aprile a tutti!

Cristian Sesena,  Segretario Generale Cgil Reggio Emilia

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