Verità per Giulio Regeni

GRAZIE?

Chiudevamo l’anno 2020, in questa rubrica, segnalando la presenza di due scritte impresse con bombolette spray sul muretto che divide la circonvallazione di Reggio Emilia dalla linea ferroviaria Milano Bologna, in zona Santa Croce. Sono lì dal gennaio 2015 e nessuno ha pensato ancora di cancellarle.

Chiudevamo l’anno 2020, in questa rubrica, segnalando la presenza di due scritte impresse con bombolette spray sul muretto che divide la circonvallazione di Reggio Emilia dalla linea ferroviaria Milano Bologna, in zona Santa Croce. Sono lì dal gennaio 2015 e nessuno ha pensato ancora di cancellarle. La prima dice: “Io sono calabrese, voi no”. La seconda, subito sotto, replica: “Terun”.

Espressioni razziste, offensive, che fanno delle origini geografiche e culturali la discriminante. Tanto più gravi dopo il processo Aemilia che ha colpito la ‘ndrangheta del nord originaria di Crotone, rischiando come effetto collaterale di alzare un muro di diffidenza tra emiliani e calabresi residenti in provincia.  “Ma perché non le cancellano? Perché nessuno si sente offeso da quelle scritte?” ci chiedevamo a dicembre. Domande cadute e rimaste nel vuoto.

In compenso ne arrivano altre, di scritte offensive e visibili a tutti i cittadini, che destano anche maggiore indignazione e preoccupazione. Sono fatte a mano, con un pennarello. Una semplice frase che viene ripetuta uguale su tre diversi cartelli stradali, con lettere maiuscole: “Grazie PM Salvi!!”.

A contestualizzare questo ringraziamento con i punti esclamativi non ci vuole molto; non serve l’ispettore Montalbano per capire a cosa si riferisca. Basta guardare dove sono collocati i cartelli imbrattati: tutti in piazza XXIV maggio, in pieno centro, a 300 metri dal Municipio. È la piazza su cui si affaccia il piccolo appartamento in cui viveva in affitto il procuratore Marco Mescolini, che ricordiamo era ed è ancora oggi sotto scorta per le minacce subite, prima del suo trasferimento a Firenze deciso dal CSM a marzo. Un cartello indica l’inizio della zona a traffico limitato e il ringraziamento sta dentro il cerchio rosso del divieto d’accesso. Un altro “grazie” è sul cartello di Iren che invita a non abbandonare i rifiuti per strada. Il terzo messaggio sta sopra l’indicazione della velocità massima di 20 chilometri consentita in zona.

“Grazie PM Salvi!!” si riferisce evidentemente a Valentina Salvi, una dei quattro sostituti procuratori di Reggio Emilia che hanno firmato l’esposto al CSM da cui è derivato l’allontanamento di Mescolini per incompatibilità ambientale. Chi la ringrazia si è preso la briga di andare lì presumibilmente di notte, visto che di giorno c’è sempre un sacco di gente, e di ripetere la scritta lungo un perimetro che non lascia dubbi sull’oggetto preso di mira: l’appartamento del procuratore.

Chi è l’autore? Speriamo ce lo dicano le Forze dell’Ordine, ma è facile immaginare si tratti di un messaggio mafioso, o paramafioso, lasciato da qualcuno a cui Marco Mescolini ha dato molto fastidio con la propria attività da sostituto procuratore antimafia prima, da pubblico ministero ai processi poi, e da procuratore di Reggio Emilia infine. Il numero e il mondo dei possibili autori sono davvero vasti quanto si vuole, se pensiamo che solo mettendo assieme le inchieste Aemilia, Aurora, Zarina, Billions e le misure patrimoniali ai mafiosi sulle quali la firma di Mescolini è indelebile, parliamo di centinaia e centinaia di persone tra condannati, indagati e coinvolti.

Il messaggio ha però anche un altro contenuto implicito: è uno sfregio alla città, uno sberleffo alla Procura, una ostentazione di forza e di ritrovata autorevolezza. Come a dire: “Grazie, ora possiamo ricominciare un po’ più tranquilli a gestire i nostri affari”. Marco Mescolini non è il mago Gandalf che da solo e con la bacchetta magica uccide il male in tutta la Contea, questo è chiaro a tutti; ma altrettanto chiaro è che il suo addio a Reggio Emilia può spingere più di un malfattore a brindare, con l’idea di avere vinto una battaglia. Questo messaggio, scritto correndo anche il rischio di essere individuati, fotografati o ripresi, dice che il procuratore di Reggio Emilia dava fastidio non solo ai mafiosi oggi reclusi.

Il suo progetto di riorganizzazione delle attività e delle competenze in Procura, elaborato nel 2019, alzava l’asticella del rigore richiesto ad una intera comunità, quella della provincia, nel rispetto delle regole comuni e nella promozione del bene collettivo. C’era scritto, ad illustrazione dei criteri proposti e adottati, che la Procura della Repubblica “deve contribuire alla custodia legale (cioè secondo la legge e con il rispetto dei suoi vincoli) di chiari limiti invalicabili anche dalle regole del mercato e anche a scapito di maggiori e possibili profitti.” E aggiungeva il procuratore che “nessuno può permettersi di eludere le norme di tutela del lavoro che richiedono il rispetto di tutti”, perché ciò significherebbe “interrompere l’opera di costruzione di un progresso duraturo e diffuso che la storia di questa terra invoca da ciascuno di noi”. Conseguenze operative di questi principi, scritte nel progetto, sono ad esempio l’obbligo per i  PM di andare sulla scena del crimine quando si tratti di omicidio o di lesioni gravi sul posto di lavoro, con avviso tempestivo al procuratore in caso di impossibilità; oppure “l’esigenza di incentivare l’impiego degli istituti di aggressione dei patrimoni illecitamente acquisiti” attraverso sequestri e misure di prevenzione. Se a questo lavorava, Mescolini avrà e avrebbe senza dubbio rotto molte scatole a chi oggi scorre verso il futuro tenendo a mente un solo obbiettivo da perseguire: l’arricchimento e l’interesse personale, costi quel che costi.

Nel marzo scorso una lettera di saluto arrivò all’ormai ex procuratore di Reggio Emilia da circa 200 persone che misero la propria firma in calce ai ringraziamenti per il lavoro svolto contro la criminalità organizzata e alla preoccupazione che la sua dipartita potesse rigettare la provincia nelle nebbie dei decenni passati. C’era scritto in quel messaggio: “La comunità reggiana si è confrontata dal 2015 ad oggi con la necessità di rivedere criticamente scelte, vicende, cedimenti del proprio agire, che hanno consentito e tollerato la colonizzazione del territorio da parte della ‘ndrangheta. Pur tra mille contraddizioni e ricadute, questo percorso di acquisizione di consapevolezza è cresciuto e si è consolidato nella coscienza collettiva. È un processo irreversibile, che non può e non deve essere messo in discussione o interrotto, pena il fallimento del sogno che da sempre contraddistingue questa comunità: la capacità di costruire condizioni di vita dignitose per tutti, nel rispetto delle regole di democrazia stabilite dalla Costituzione e dei diritti inalienabili di ogni individuo”.

Tra questi diritti inalienabili c’è anche il diritto di arrabbiarsi, di indignarsi; di gridare che quelle scritte sui cartelli stradali, a pochi metri dall’abitazione di Marco Mescolini che da circa due mesi ha le finestre chiuse, rappresentano una intollerabile indecenza.

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