Verità per Giulio Regeni

RICERCA FIOM SULLO SMART WORKING: IL 92% DEI METALMECCANICI LO VUOLE

Fiom “i lavoratori chiedono regole a livello aziendale”
I 1500 questionari raccolti dalla Fiom Cgil di Reggio affermano che questo tema non può essere regolamentato individualmente

Una corposa inchiesta della Fiom Cgil di Reggio Emilia, realizzata nel 2022, racconta lo stato dello smart working nelle aziende metalmeccaniche reggiane, mettendo in luce gli aspetti positivi e le criticità.
“Abbiamo raccolto oltre 1500 questionari, quasi un impiegato metalmeccanico su otto ha risposto al nostro appello, permettendo così di svolgere la più grande inchiesta sulle condizioni del lavoro impiegatizio della regione Emilia Romagna degli ultimi anni” dichiara Simone Vecchi, Segretario Provinciale della Fiom di Reggio Emilia.
La ricerca è stata svolta in collaborazione con l’Università Statale di Milano, nella persona della prof.ssa Lisa Dorigatti, con l’Università di Modena e Reggio, nella persona del prof. Matteo Rinaldini (che l’anno scorso fu chiamato dal Ministro del lavoro, Orlando proprio nel comitato di esperti sullo smart working) e con il contributo di Matteo Gaddi dell’Ufficio Studi della Camera del Lavoro di Reggio Emilia.

Dall’inchiesta emerge che circa un lavoratore su due tra i rispondenti svolge almeno un giorno a settimana in smart working: il 92% di chi oggi ha questa possibilità vorrebbe continuare ad averla, l’80% ha migliorato la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, il 74% si dichiara soddisfatto del modo in cui svolge l’attività da remoto e solo il 5% si dichiara insoddisfatto di questa condizione.
“Pochissimi vorrebbero svolgere tutta la settimana lavorativa da remoto, la maggioranza vorrebbe avere a disposizione due o tre giorni a settimana o in alternativa un pacchetto di giornate da utilizzare per conciliare meglio il lavoro con le dinamiche familiari” spiega la Fiom nella nota di integrazione al rapporto.
Per Simone Vecchi una parte degli industriali reggiani continua ad avere un pregiudizio anacronistico su questa forma di lavoro, negandone la possibilità “affermando così implicitamente che senza il controllo visivo di un responsabile le persone non lavorino: chi nega questa possibilità sta dicendo ai propri dipendenti che non si fida di loro, come si può pensare poi che le persone si impegnino?”.

In questo momento sul territorio reggiano la Fiom, insieme ai delegati ed alle altre Organizzazioni sindacali, sta svolgendo trattative per i contratti aziendali in cui i lavoratori hanno richiesto il diritto individuale allo smart working. Le imprese più significative oggi coinvolte sono la Lombardini Kohler, la Meta System, la Rcf e la ASK Industries di Reggio Emilia, l’Immergas di Lentigione, l’Argo Tractor di Fabbrico e la Sacmi Forni di Casalgrande.

“Nelle modalità di svolgimento del lavoro da remoto, le donne e chi svolge attività più esecutive, è penalizzato e lamenta di incidere meno sulla propria prestazione” sottolinea Dorigatti di Unimi, argomento rilanciato da Rinaldini, Unimore, che afferma “la pandemia ha abbattuto un muro di conoscenza, aprendo uno spazio di possibilità che i lavoratori stanno richiedendo con forza, affermando in ogni contesto la necessità di una regolazione collettiva”.

“Dall’inchiesta emerge la richiesta di regolamentazione collettiva, perché lo smart working possa essere un diritto individuale – spiega Vecchi -. L’idea che una condizione di miglior favore, tra l’altro promossa dalla legge, possa essere revocata unilateralmente dall’impresa per una scelta puramente discrezionale di un responsabile o dell’ufficio del personale, senza ragioni oggettive eguali per tutti, è considerata da lavoratori e lavoratrici come una mancanza di rispetto e fiducia da parte delle imprese nei confronti dei dipendenti, per questo serve una regolamentazione collettiva”.

da sx Matteo Rinaldini (UniMoRe), Matteo Gaddi (Uff.Studi Cgil Re), Simone Vecchi (Segr.Gen.Fiom Cgil Re), Lisa Dorigatti (UniMi)

“I mesi della pandemia hanno mostrato alle imprese che possono produrre con continuità e senza perdere produttività anche con la maggioranza degli impiegati in smart working e hanno mostrato ai lavoratori e al sindacato che questa modalità di lavoro, se regolamentata, produce un beneficio della condizione di vita. – prosegue la Fiom – Evitiamo che lo smart working deciso in modo discrezionale dai responsabili aumenti le disuguaglianze tra uomini e donne e in generale tra lavoratori invece che essere una opportunità per tutti”.
Tra le criticità segnalate dai lavoratori ci sono la perdita del diritto alla mensa, la mancanza di postazioni ergonomiche, la preoccupazione per le spese sostenute lavorando da casa e soprattutto la poca autonomia nel decidere quando e come poter lavorare da remoto.
“Nonostante queste criticità – prosegue la Fiom – i lavoratori che stanno operando in parte in smart working chiedono al sindacato e alle imprese di regolare collettivamente il tema. Le aziende più innovative già si stanno muovendo in questa direzione”.
“E’ una nuova sfida per tutti, per le imprese e per il sindacato, la Fiom ha intenzione di raccoglierla in pieno e non ha intenzione di lasciar cadere questa rivendicazione di massa” conclude Vecchi.

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