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“CHE GENERE DI LAVORO?” PRESENTATA AL CONGRESSO LA RICERCA DI IRES E CAMERA DEL LAVORO CHE INDAGA LA QUALITA’ DEL LAVORO

“CHE GENERE DI LAVORO” TRASFORMAZIONI SOCIALI E CAMBIAMENTI
DEL MONDO DEL LAVORO A REGGIO EMILIA
Presentata al XIX Congresso della CGIL di Reggio Emilia la ricerca di Ires Emilia Romagna, curata da Daniela Freddi e Camera del Lavoro

Questa ricerca nasce dalla consapevolezza che, per intervenire sulle politiche contrattuali aziendali e territoriali in modo sempre più incisivo e puntuale, dopo due anni di pandemia e di profonde trasformazioni sociali, era necessario ricomporre una fotografia, seppur non esaustiva, del mondo del lavoro a partire dalla rilevazione delle differenze di genere.
La ricerca è stata condotta tramite la somministrazione di un questionario anonimo auto-compilato online, rivolto sia a uomini che a donne occupati o in cerca di occupazione e che vivono stabilmente e/o lavorano nella provincia di Reggio Emilia. Il questionario è stato divulgato tra i mesi di aprile e luglio 2022 e sono state ritenuti utili all’indagine le risposte di 3.966 partecipanti.

Partendo dall’idea di indagare quali e quante discriminazioni di genere insistono nei luoghi di lavoro, il focus è stato poi esteso su più fronti e l’indagine è stata indirizzata sull’analisi di diversi fattori quali: aspetti contrattuali e salariali, il grado di soddisfazione che si trae dal proprio lavoro e la coerenza con i propri interessi e passioni, la conciliazione e gli orari di lavoro, la salute e la sicurezza, gli stereotipi, le molestie e la violenza ed infine, ma non per ultimo, il rapporto degli intervistati con il sindacato: criticità e aspettative
Nel complesso, dal punto di vista di genere, ovvero la principale variabile attenzionata nella presente ricerca, si delineano in diversi aspetti la costante maggiore fragilità delle donne nella loro posizione occupazionale. Si tratta di una condizione di fragilità strutturale e multidimensionale, che trova come punto di caduta i differenziali salariali rispetto agli uomini ma anche altre divergenze che arrivano ad interessare anche una dimensione personale, che travalica quella lavorativa.


Un primo aspetto che emerge in termini di differenze di genere sul lavoro riguarda l’ambito contrattuale: se nella totalità dei rispondenti quasi l’82% ha un contratto a tempo indeterminato e il restante 18% a termine, tra le donne il livello di precarietà è maggiore, con una quota di contratti a termine pari al 22%. Oltre alla dimensione di genere influisce sulla precarietà contrattuale anche l’età: sulla totalità dei rispondenti sotto ai 35 anni ben il 40% ha un contratto a termine, quota che si dimezza già nella fascia di età successiva, compresa tra i 35 e i 44 anni (19,9%), e si riduce ulteriormente per coloro che hanno tra i 45 e i 54 anni (13,3%) e più di 55 anni (10,1%).
Anche l’analisi dello straordinario accende la luce sui divari di genere: la mancata remunerazione dello straordinario è nettamente prevalente tra le donne rispetto che agli uomini. Se infatti sono il 29% le donne che svolgono orario straordinario senza che esso venga remunerato, tra gli uomini tale quota è pari al 16%.

Il punto di caduta, tuttavia, non è solo sul fronte salariale. Ad esempio, in termini di carico di lavoro, su quasi tutte le dimensioni analizzate le donne presentano livelli più elevati di affaticamento. È emerso inoltre come le donne evidenzino maggiori problemi di conciliazione tra vita lavorativa e tempo personale rispetto agli uomini. In particolare, è soprattutto rispetto al tempo libero, agli interessi personali, alla cura della propria persona che le differenze si fanno più marcate.
Ci sono infine aspetti che non hanno presentato rilevanti differenze di genere, ad esempio in relazione alla visione del lavoro e al confronto tra condizioni ideali e condizioni reali. In modo piuttosto omogeneo il campione analizzato ha maturato una visione integrata ed inclusiva del concetto di qualità di lavoro dove tutte le dimensioni sono rilevanti sebbene con l’attribuzione di una maggiore importanza ad alcuni aspetti materiali, soprattutto per l’ambiente di lavoro sicuro e la stabilità contrattuale.
Infine, l’analisi ci ha consegnato, senza distinzione di genere, in linea con il profilo piuttosto omogeneo del campione, una valutazione complessivamente positiva del sindacato se pur delineando alcuni margini di miglioramento.
Se da una parte la capacità del sindacato di aiutare le persone maggiormente in difficoltà e di offrire servizi e tutele molto importanti non venga messa in dubbio dalla maggior parte dei rispondenti, prevale però l’opinione che esso abbia una politica volta a proteggere soprattutto chi è già occupato e che non abbia sufficiente contatto con il mondo del lavoro atipico, indicando quindi su questi versanti spazi di azione e miglioramento.

QUI LE SLIDES DELLA RICERCA

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