Verità per Giulio Regeni
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CGIL

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CONDANNATO IN CERCA DI LAVORO

Settimana di fuoco per Aemilia e per i diversi rivoli processuali nei quali si è incanalata la lotta alla penetrazione della ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Quattro udienze in quattro giorni, per quattro fronti diversi di giudizio. Martedì 18 febbraio prima seduta del nuovo processo a Bologna per le posizioni rinviate in Corte d’Appello dalla sentenza della Cassazione del 24 ottobre 2018.
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APPELLO DI AEMILIA: PRIMA UDIENZA E PRIME SCINTILLE

“Dove c’è mafia non può esserci sindacato”. E’ il messaggio che lanciano CGIL CISL e UIL dell’Emilia Romagna nel giorno in cui si apre a Bologna, all’interno dell’aula buker del carcere della Dozza, il processo d’appello agli uomini della ‘ndrangheta condannati ad oltre 1200 anni di reclusione dal primo grado di Reggio Emilia.
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AEMILIA A BOLOGNA… PASSANDO DA MODENA

Per Aemilia è tempo di ricominciare. Il più grande processo alla ‘ndrangheta della storia italiana approda nell’aula bunker del carcere della Dozza a Bologna, dove da giovedì 13 febbraio 2020 iniziano le udienze del secondo grado di giudizio.
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IL MEMORIALE E LA CENA CON SALVINI

Alle 9,40 di martedì 8 maggio 2018, presso il carcere di Rebibbia, a Roma, l’ispettore superiore Dario Rinna scrive a verbale che inizia il collegamento a distanza con l’aula bunker di Reggio Emilia, dove si svolge l’ennesima udienza del processo Aemilia. Il collegamento serve per consentire all’imputato Antonio Valerio di assistere e partecipare al dibattimento. Otto ore più tardi la video conferenza viene interrotta ma l’ispettore Rinna informa che durante l’udienza è stato acquisito un memoriale di 106 pagine, dattiloscritto e firmato dallo stesso Antonio Valerio, dietro autorizzazione del presidente del collegio giudicante Francesco Maria Caruso. Il giorno dopo la direttrice di Rebibbia Rosella Santoro spedisce il memoriale alla neo presidente del tribunale di Reggio Emilia, Cristina Beretti, a sua volta membro del collegio giudicante di Aemilia.
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AH CHE BELL’ ‘O CAFÉ…

Angelo Salvatore Cortese, oggi collaboratore di giustizia e prima uomo di ‘ndrangheta battezzato a Cutro nel 1985 (col grado di picciotto), ha una memoria di ferro e ricorda molto bene in particolare i periodi trascorsi in carcere. Illuminante, per la ricostruzione del duello all’ultimo sangue tra la cosca Dragone e quella Grande Aracri, è stata la sua deposizione al processo Aemilia sull’incontro tra i due boss, Antonio detto Totò e Nicolino detto Mano di Gomma, avvenuto nel carcere Ugo Caridi di Siano in provincia di Catanzaro. Il 14 febbraio 2017 Cortese racconta nell’aula bunker di Reggio Emilia che i due si incontrarono tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 nelle aree per la passeggiata all’aria aperta. Erano divisi solo da una rete e si scambiarono alcune battute: “Non mi dai la mano?” chiese Antonio Dragone a Nicolino Grande Aracri. E questi gli rispose: “Ma come, mi vuoi uccidere e mi chiedi pure di darti la mano?”
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MENO TASSE PER I LAVORATORI

A partire da luglio 2020 sedici milioni di lavoratori avranno un beneficio economico in busta paga con il…
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UN MAFIOSO IN SOGGIORNO

Al liceo scientifico di Bologna Albert Bruce Sabin (il medico polacco a cui dobbiamo il vaccino contro la poliomelite), lunedì 20 gennaio parliamo di mafia e di penetrazione della ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Quando mostro le slide dei personaggi eccellenti inviati al “soggiorno obbligato” in Emilia Romagna, negli anni tra il 1958 e il 1995 (furono 3562 secondo il dossier “Mafie senza Confini” edito nel 2011 dalla regione Emilia Romagna e da Libera) una ragazza tra i cento studenti che partecipano all’incontro alza la mano e chiede stupita: “Ho visto bene? Totò Riina è venuto al confino a San Giovanni in Persiceto?” E’ il paese dove lei vive e la sua curiosità è normale. Il foglio di via obbligatorio per Riina, dopo il suo arresto a Corleone e la successiva scarcerazione, fu firmato dal tribunale di Palermo nel 1969 e prevedeva come destinazione proprio il ricco comune di 28mila abitanti che si trova 20 chilometri a nord di Bologna.