Verità per Giulio Regeni

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TRASI MUNNIZZA E N’IESCI ORO

La frase del titolo, intercettata e registrata, l’ha pronunciata un trapanese “uomo d’onore”: Vincenzo Virga, la cui famiglia era specializzata nello smaltimento clandestino di rifiuti ospedalieri e pericolosi.
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LE NAVI A PERDERE DI FRANCESCO FONTI (terza parte)

Non è solo il collaboratore di giustizia Francesco Fonti che mette in moto le indagini in Italia sul commercio clandestino di rifiuti tossici e sulle navi a perdere affondate nel Mediterraneo con il loro carico nocivo. Un esposto di Legambiente del marzo 1994 denuncia l’esistenza di discariche abusive con materiale radioattivo in Asprimonte: quelle che la cupola della ‘ndrangheta vede di malocchio a casa propria e apprezza invece all’estero o in fondo al mare.
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LE NAVI A PERDERE DI FRANCESCO FONTI (seconda parte)

Il memoriale del collaboratore di giustizia Francesco Fonti, consegnato alla Direzione Nazionale Antimafia nel 2005, ci porta dritto agli anni Novanta e alle navi della Shifco, a suo dire utilizzate per il trasporto clandestino di rifiuti tossici e radioattivi in cui riuscì ad infilarsi la ‘ndrangheta. Shifco è il nome di una società di diritto somalo proprietaria di sei imbarcazioni donate dal Governo italiano al paese africano. Una flotta di pescherecci e navi frigo che viene poi affidata ad una seconda società, la Shifco Malit srl, costituita nel gennaio del 1990 a Mogadiscio.
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LE NAVI A PERDERE DI FRANCESCO FONTI (1°parte)

C’è un uomo di ‘ndrangheta che ha lasciato un segno profondo a Reggio Emilia e a Modena in tempi ormai lontani, tra gli anni Ottanta e i Novanta. E’ stato tra i primi a raccontare dettagli e gerarchie della mafia calabrese in Emilia Romagna, da quando ha iniziato a collaborare con la Giustizia. Nel processo Aemilia sono dedicate a lui alcune righe del fascicolo d’accusa richiamato dall’ordinanza sugli arresti firmata il 15 gennaio 2015 del giudice Alberto Ziroldi. Nelle 10mila pagine della sentenza di primo grado i giudici reggiani Caruso, Beretti e Rat ricordano la sua mappa delle cellule mafiose operative nelle due province, con i capi-bastone dei vari comuni che all’epoca rispondevano alle famiglie Dragone di Cutro e Arena di Isola Capo Rizzuto.
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PRIGIONITE E SCIACALLI

Cosa succede se importanti uomini di mafia, approfittando dell’emergenza coronavirus, ottengono gli arresti domiciliari come misura alternativa al carcere? Al tema, molto attuale, risponde giovedì 21 maggio in videoconferenza Antonio Valerio, che chiede di poter rilasciare una dichiarazione spontanea al presidente della Corte d’Appello di Aemilia, nell’aula del Tribunale allestita presso il carcere della Dozza a Bologna.