Verità per Giulio Regeni

VIGILIA D’AGOSTO

Anche i processi vanno in ferie e in attesa di un vivace autunno le vicende giudiziarie di mafia di cui ci occupiamo subiranno un temporaneo stop.

di Paolo Bonacini, giornalista

Anche i processi vanno in ferie e in attesa di un vivace autunno le vicende giudiziarie di mafia di cui ci occupiamo subiranno un temporaneo stop. L’appello di Aemilia alla Dozza di Bologna riprenderà il 10 settembre con ancora tante posizioni importanti da discutere. Il rito abbreviato di Grimilde attende le ultime battute in settimana con la requisitoria del PM Beatrice Ronchi. Il processo per gli omicidi del ‘92 a Reggio Emilia andrà a sentenza il 3 ottobre, dopo il pronunciamento della Cassazione su di una istanza di ricusazione dei giudici avanzata dall’imputato Nicolino Grande Aracri. L’appello bis dell’abbreviato di Aemilia, che tratta la posizione politicamente importante dell’ex leader reggiano di Forza Italia Giuseppe Pagliani, ha registrato l’ultima udienza estiva con la deposizione del Prefetto Antonella de Miro, mentre la sentenza è prevista per dicembre. Avremo modo di approfondire nelle prossime settimane, ad aule chiuse, tutte queste storie, occupandoci anche dei fondamentali risvolti emiliani dell’inchiesta TAURUS della Direzione Antimafia di Padova/Venezia.
Intanto la fine di luglio ci porta anche una novità sul fronte di indagini che riguardano sempre il nostro territorio, e i valori a noi cari della legalità e della sicurezza, sebbene non si tratti di storie di mafia.
Un anno e mezzo fa in questa rubrica parlavamo di una “Piena dimenticata… prima che arrivasse”. Ci riferivamo alla esondazione dell’Enza del 2017, che provocò l’allagamento di Lentigione di Brescello (RE), costringendo centinaia di persone a sfollare in fretta e furia all’alba di un freddo giorno di dicembre. Andò bene che nessuno si fece male, ma sulle cause di quella alluvione e sulla gestione degli interventi di emergenza ci sono state parecchie polemiche e gli abitanti del paese hanno atteso pazientemente quasi tre anni che le indagini arrivassero a conclusione. Ora finalmente i Carabinieri Forestali di Reggio Emilia, coordinati dal sostituto procuratore Giacomo Forte, sono arrivati ad un punto fermo con gli avvisi di garanzia inviati a tre funzionari dell’Aipo, l’Agenzia Interregionale che attua le direttive e le pianificazioni decise dall’Autorità di Bacino del Po. Tre sono le evidenze (e le mancanze) messe a fuoco dalle indagini, condotte con l’apporto tecnico di esperti ingegneri idraulici:
1)Molto a monte di Brescello, nei Comuni di Montecchio e di Montechiarugolo, sulle due sponde reggiana e parmense del fiume, non hanno funzionato per scarsa manutenzione le casse di espansione che servono proprio in questi casi a depotenziare il carico d’acqua che scende a valle.
2)Un tratto d’argine lungo una settantina di metri, sulla riva destra a Lentigione, ha ceduto perché la parte alta dell’argine, indicativamente l’ultimo mezzo metro, non era fatto a regola d’arte.
3)Gli Enti Locali, i soggetti addetti alla Protezione Civile e i cittadini non sono stati informati correttamente e per tempo di quanto stava accadendo.
I tre Commissari Prefettizi che guidavano il Comune di Brescello all’epoca della esondazione si trovarono a gestire una situazione di emergenza senza che… fossero previsti strumenti per affrontare l’emergenza. Lo spiegano nella dettagliata relazione inviata in seguito al Prefetto: “Il vigente Piano Comunale di Protezione Civile, approvato nel gennaio 2013 (sindaco era Giuseppe Vezzani), non contempla come possibile scenario di rischio idraulico per il Comune quello derivante dalla esondazione del torrente Enza”. Di conseguenza nel dicembre 2017, quando l’Enza ha esondato, “non erano previste idonee e specifiche procedure e azioni condivise con la popolazione” per affrontare le diverse fasi di attenzione, allerta, emergenza.
La minuziosa ricostruzione prosegue con le tappe principali degli eventi nelle ore precedenti l’alluvione: “Alle 2,00 di notte il CCS (Centro di Coordinamento dei Soccorsi) della Prefettura reggiana esclude concreti rischi di esondazione per il territorio comunale di Brescello. Alle 5,40 il commissario Di Matteo viene informato dall’ing. Bonini, presidente dei volontari della protezione civile, che l’acqua deborda dall’argine in un punto di via Imperiale a Lentigione. Si tenta allora di spostare là i sacchi di sabbia che su indicazione della Prefettura erano stati messi invece sul ponte di Sorbolo (!). Alle 6,15, mentre sta arrivando in zona, il commissario Di Matteo riceve una telefonata dall’ing. Vergnanini dell’Aipo che lo informa del probabile cedimento dell’argine. Alle 6,55 Di Matteo informa i colleghi Oriolo e Marchesiello che lo scenario si prospetta drammatico” e i tre concordano di fare di tutto “per salvaguardare le vite umane rispetto ad uno scenario di esondazione ormai concreto con evidenti rischi per la pubblica e privata incolumità”.
In questa sintetica cronaca, ricostruita con atti ufficiali e dettagliati nelle settimane seguenti all’esondazione, manca ogni riferimento alle Casse di Espansione che non avevano funzionato e all’ultimo mezzo metro d’argine a Lentigione che non era sicuro. E manca perché la Commissione Prefettizia che guidava il Comune non ne era informata.
Di quelle evidenti lacune oggi la conclusione delle indagini assegna la responsabilità all’Aipo. Che è un Ente interregionale ed è cosa diversa dalla “Autorità di Bacino del fiume Po”. Questo è l’organismo deputato da Stato e Regioni alla pianificazione degli interventi e della prevenzione, e ben prima dell’esondazione, nel 2014, l’Autorità aveva inviato all’Amministrazione Comunale, allora guidata da Marcello Coffrini, le nuove “Mappe di Pericolosità e del Rischio di Alluvioni” nel distretto, allegando anche lo “Schema di Progetto del Piano di gestione del Rischio”, con riferimenti diretti all’Enza e a Lentigione. Ma tale Piano, almeno fino all’esondazione del dicembre 2017, non era sia mai stato aggiornato a Brescello. Eppure in quella lettera inviata il 12 agosto 2014 dall’Autorità di Bacino c’era scritto così: “L’esperienza passata ci insegna che se è impossibile scongiurare le alluvioni può essere tuttavia data una risposta soddisfacente alle richieste di sicurezza della popolazione residente attraverso una efficace politica di prevenzione dei rischi incentrata su: consapevolezza e informazione, regolamentazione dell’uso del territorio, predisposizione di piani di prevenzione e protezione.”
Tutto ciò che è mancato, nel dicembre 2017. Gli sviluppi e gli eventuali rinvii a giudizio ci diranno per colpa di chi.

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